Eap o No Eap?

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EAP O NO EAP?
Questo non è il problema!

di Anna Chiara Palma



Nessuno si stupisce quando un artista affitta una bella sala per esporre e far conoscere al pubblico le proprie opere. Nessuno si meraviglia che molti artisti paghino qualcuno affinchè gestisca il loro sito web per mettere in mostra i propri lavori. Ma tutti si indignano quando uno scrittore paga una casa editrice o una copisteria per pubblicare la sua prima opera e iniziare a dire al pubblico io esisto. 

No eap no self recitano molte rivistucole on line che si occupano di letteratura. 
A mio parere è un atteggiamento limitante. Scrivere bene o scrivere male non è definito dalla decisione di acquistare una vetrina per la propria opera, molti musicisti si auto producono, e non solo inizialmente, anzi nel tempo avere la possibilità di autoprodursi e non dipendere da un'etichetta è un valore aggiunto. 
Questo atteggiamento spocchioso e superbo, nei confronti di chi si autofinanzia, si ha solo da parte di chi si occupa di letteratura. 
Personalmente, da editor con esperienze in ogni settore, ritengo che occorrerebbe mettere da parte i pregiudizi e leggere le opere, io leggo costantemente versi orribili, editi da case editrici che chiedono all'autore unicamente di pagarsi la trasferta per la presentazione del volume, quindi a loro dire no eap. 

Mi sono imbattuta ultimamente in frasette insulse pubblicate, gratuitamente per l'autore, da case editrici che si occupano di poesia. E quasi gratuitamente anche per la casa editrice stessa, che paga l'inchiostro e la carta, ma non si adopera per un tour di presentazioni e si affida solo al gratuito sistema social. 
Nessuna intervista, niente di niente. 
Mi viene da pensare dunque che questi editori si stampino tre striminzite copie del volume, così, giusto per crearsi l'allure di chi vuole occuparsi a tutti i costi di letteratura, pur non avendone le competenze.